Obietta Diserta Disobbedisci.

Come sciogliere la NATO : la denuclearizzazione è il grimaldello !

UNA IMPOSTAZIONE EUROPEISTA ED INTERNAZIONALISTA NELL’IMPEGNO ANTI-NATO.

Di Giuseppe Marazzi – presidente nazionale LOC

Alfonso Navarra – segretario Lega per il Disarmo Unilaterale

 

Cittadini e popoli europei abbiamo bisogno di un’Europa unita e democratica per poter sperare di contrastare ed abbattere la “dittatura finanziaria” (Stéphane Hessel) che sta opprimendo l’intero mondo per favorire la ristretta oligarchia dell’1%. Non ci serve tornare, paesello per paesello, alle singole monete nazionali (se non addirittura regionali) ma costruire un controllo pubblico e democratico su una moneta in grado di pesare nel mondo – e magari, ad esempio, di superare il dominio del dollaro, che oggi è il dominio della turbo-finanza dei derivati.

(Anche la geopolitica dell’energia, che è tra l’altro il fattore determinante della crisi Ucraina, restringe i margini delle manovrette. La guerra principale che si sta combattendo da quelle parti – almeno per il momento è così – ha come posta principale chi deve rifornire di gas e di petrolio l’Europa: se devono essere gli USA, con le nuove tecnologie del fracking che pescano dalle rozze scistose, o se deve continuare ad essere la Russia , con i sistemi produttivi tradizionali. La dipendenza energetica è anche dipendenza economica, quindi è una manna per chi si propone di esercitare un’egemonia politico-militare).

Secondo lo stesso schema di ragionamento, non ci serve organizzare le energie per uscire singolarmente – Paese per Paese - dalla NATO, ma occorre unirsi per scioglierla, come sarebbe ora dopo lo scioglimento del Patto di Varsavia nel 1991, con un’azione europeista e internazionalista. Facciamo a questo proposito un esempio. Ammettiamo che il nostro Alexis Tsipras, leader di Syriza, da poco eletto capo del governo greco, dichiari: “Da oggi la Grecia esce dalla NATO e si fa pacificamente i fatti propri”. Crediamo che questo possa influire, ad esempio, sulla crisi Ucraina che, grazie proprio all’allargamento della Alleanza atlantica, può precipitarci nel vortice disastroso di una guerra persino nucleare? Pensiamo che, se abbiamo a cuore la pace (ed in fin dei conti, la nostra stessa sopravvivenza) dovremmo piuttosto consigliare il governo greco di sabotarne le tendenze belliche dall’interno, con alcune prese di posizione dall’impatto politico e pratico realmente micidiale, se si considera il dato fondamentale che lo Statuto dell’Alleanza impone decisioni all’unanimità:

1- la Grecia non voterà mai l’allargamento ulteriore della NATO ad Est perché al contrario pone il problema dello scioglimento collettivo dell’Alleanza, ormai residuo fossile (in tutti i sensi) della Guerra Fredda finita da un pezzo;

2- la Grecia chiede l’immediata denuclearizzazione della NATO e si pronunzia per una immediata Convenzione internazionale che proibisca le armi nucleari;

3- per la Grecia si può relegare in soffitta l’impegno collettivo NATO a spendere il 2% del PIL per la difesa;

4- per il voto greco, si dovrà togliere la sigla NATO a tutte le missioni militari “out of area”;

5- la Grecia decide unilateralmente che le basi di truppe USA e NATO sul suo territorio le chiude (anche lì nell’Egeo lo Zio Sam ha proteso le sue lunghe braccia armate!).

A questo punto, mi pare ovvio, sarebbero gli USA, con il loro blocco militare di fatto non più utilizzabile, a darsi da fare per espellere la Grecia (ed è anche prevedibile che, provandoci anche con le cattive, ci riuscirebbero presto, considerati gli attuali rapporti di forza a loro vantaggio). Verrebbe comunque fuori un pandemonio, in termini di dibattito politico e di attenzione dell’opinione pubblica internazionale, che potrebbe essere orientata su come un blocco militare viola lo spirito e la lettera della Carta dell’ONU. Ma per concepire questo tipo di tattica realmente radicale bisogna essere internazionalisti di nome e di fatto, non semplicemente dei nazionalisti “aperti” impreziositi da “narrazioni” internazionaliste…

Abbiamo appena visitato il sito ufficiale della sinistra radicale al Parlamento Europeo (https://www.guengl.eu/) e dobbiamo costatare che la parola NATO la si deve cercare con la lente di ingrandimento nelle pieghe, negli anfratti, ed è sempre affrontata di striscio come problema derivato e secondario. Sicuramente non c’è consapevolezza della centralità strategica della denuclearizzazione civile e militare, che è il cuore dell’estinzione della NATO, anche nel suo collegamento con la conversione energetica rinnovabile, base essenziale dell’ecosviluppo alternativo. La “nuova” sinistra che emerge dal sito appare – è l’opinione opinabile degli scriventi - purtroppo “vecchia” nel privilegiare una logica redistributiva quando nel XXI Secolo è arrivato il momento di proporre un nuovo immaginario della ricchezza e un nuovo modo di produrla, consumarla, amministrarla…

UN MODELLO ALTERNATIVO DI DIFESA A LIVELLO EUROPEO: PERSEGUIAMOLO PAGANDO PER LA PACE ANZICHE ’ PER LA GUERRA

Il Parlamento italiano sta per votare – c’è poco da farsi illusioni in proposito - l’onerosissimo acquisto degli F35: magari non tutti, ma buona parte sì (da 130 pare che si passi a una 90ina). Ma noi non vogliamo parlare solo di soldi, bensì di più importanti questioni di principio.

Gli F35 - è l'invito che rivolgiamo ai pacifisti coerenti - non dovremmo accettarli neanche se ce li regalassero e funzionassero senza problemi!

Il punto centrale è il seguente: vi sono sistemi d'arma che fanno irrimediabilmente a pugni con la nostra Carta costituzionale di carattere “pacifista” (anche se non nonviolento) e gli F35 rientrano sicuramente tra questi.

Abbiamo tutti capito che questi cacciabombardieri, per i quali saranno aggiornate le atomiche B61 di Aviano e Ghedi , entreranno a fare parte della cosiddetta "condivisione nucleare" NATO e quindi - aggiungiamo noi - saranno preparati per il "first strike" ma soprattutto per il "first use".

Voi, lettori, purtroppo per lo più non conoscete (non conoscevate!) la differenza tra questi due concetti di tecnica militare attinenti alle dottrine ufficiali di impiego delle armi atomiche. Siamo – in quanto parte del popolo - afflitti incolpevolmente dalla stessa disinformazione in cui viene tenuta la gente comune.

Noi– da attivisti “specializzati” che li bazzichiamo da decenni, il first strike ed il first use intendiamo - come avete visto seguendoci, ci abbiamo messo una pezza – alla disinformazione - proprio con questo lavoro ed abbiamo potuto farvi intuire che la realtà a cui si riferiscono non è niente affatto rassicurante e meno che mai ragionevole.

Ragion di più per incamminarsi verso un modello di "difesa difensiva" separato da ogni organizzazione militare internazionale concepita, di fatto, in termini offensivi.

Ci sembra che a livello parlamentare siano state presentate mozioni che danno spazio a questa prospettiva. L'"obbligo di difesa della Patria", anche di una “Patria europea”, a nostro avviso, può essere garantito da un "sistema" che:

- si limiti alla difesa dei confini nazionali (in attesa di una integrazione europea che adotti il "ripudio della guerra" stabilito dalla Costituzione italiana);

- comprenda una significativa componente non armata e nonviolenta;

- rifiuti le armi nucleari, ma anche tutti i sistemi di armi concepiti per attacchi in profondità "out of area" (come si dice nel gergo NATO);

- sia complementare con una politica estera non militarmente interventista ma ispirata alla sicurezza comune, al disarmo (a partire da quello euromediterraneo), alla cooperazione tra i popoli per il benessere ed i diritti umani.

Gli obiettori di coscienza alle spese nucleari e militari, insieme alle organizzazioni nonviolente "storiche" e a moltissimi gruppi pacifisti, lavorano e riflettono ormai da decenni su queste scelte di difesa alternativa: hanno contribuito a concretizzarle con le leggi e la pratica del servizio civile, in Italia e fuori d’Italia; e con le esperienze di gruppi di resistenza nonviolenti, ambasciate di pace e corpi civili di pace.

Il nostro Paese ha impegnato e continua ad impegnare soldati combattenti qua e là, in teatri di guerra, fingendo che stiano lì per accompagnare bambine e bambini a scuola. Riteniamo sia il caso di togliere le tende (specialmente dall’Afghanistan) per non gettare benzina sul fuoco dei conflitti. Cominciamo a costruirci, in collaborazione, se possibile, con la UE e con l’ONU, una funzione di Grande Arbitro: l’Italia dovrebbe essere vista in tutte le zone "calde" come un attore terzo, una "potenza di pace", considerata neutrale da tutti gli attori contendenti in modo da poter favorire mediazioni e riconciliazioni.

L’obiettivo della Campagna OSM-DPN, che portiamo avanti fin dal 1982, è, in rapporto con la riduzione delle spese militari e con l’opzione fiscale, il cambiamento graduale, ma deciso, attraverso il “transarmo”, del sistema di difesa offensivo (e nuclearizzato) attuale in un modello difensivo non armato e nonviolento. In Italia, in Europa e nel mondo.

La DPN- Difesa popolare nonviolenta che perseguiamo ha acquisito le basi giuridiche per la creazione di istituzioni, modelli ed esperienze alternative alla difesa  militare. Esiste in materia un’ampia letteratura internazionale con studi e ricerche di alto valore giuridico.  La DPN cresce e si sperimenta nelle pratiche di lotte territoriali che possono rappresentare esperienze di difesa popolare di base. La sperimentazione attuale può portare con azioni civili non armate e nonviolente alla nascita dei Corpi Civili di Pace.  Alcuni esempi si possono ritrovare nelle PBI (Peace Brigades International), i Volontari di Pace in Medio Oriente, i Caschi Bianchi, i Berretti Bianchi e le forme di cooperazione decentrata su progetti di difesa dei diritti umani. Storicamente la DPN ha sperimentazioni autorevoli come quelle di Gandhi in India, dei numerosi casi di resistenza nonviolenta contro l’occupazione nazifascista, delle lotte contro la repressione nei paesi del blocco sovietico senza ricorrere alle armi, dei movimenti di opposizione agli euromissili, delle lotte contro le servitù e le basi militari (alcuni esempi: Larzac in Francia, le Murge in Puglia …).

Noi OSM (obiettori alle spese militari) proponiamo simbolicamente di “pagare per la pace anziché per la guerra”: di versare una somma al “Fondo per la Pace ”  utilizzato per gli obiettivi della campagnao su progetti di disarmo (es. Fermiamo chi scherza col Fuoco atomico) o di pace (es. i Corpi civili di Pace). Alcuni di noi praticano una vera e propria disobbedienza civile in materia fiscale: ma al momento non è una indicazione che consigliamo come pratica generalizzata per le conseguenze pesanti sul piano amministrativo cui si andrebbe incontro. Prima dobbiamo raggiungere una certa massa critica numerica con l’obiezione “simbolica” e poi potremo passare in modo organizzato a forme di lotta più rischiose ed incisive! Chi però se la sente di offrire da subito una testimonianza più radicale di rifiuto economico della collaborazione con il sistema militarista e nuclearista può contattare, per ulteriori informazioni, consigli, incoraggiamenti, Andrea Mazzi (tel 348-2612771 fax 059-9789276 e-mail: a.mazzi@fastwebnet.it)

Un'altra forma di “obiezione” che stiamo studiando è in realtà più propriamente un “boicottaggio” secondo la pratica dei movimenti eco-consumeristi: in primo luogo nei confronti dell’ENEL, la compagnia praticamente di Stato che anche dopo il referendum del 2011 continua a produrre il 18% della sua elettricità da fonte nucleare; ma non solo contro l’ENEL, ovviamente. Prendiamo di mira tutte le società che intendono lucrare su una Tecnologia oltretutto inseparabile dagli apparati bellici.

E' importante rendersi conto delle responsabilitá e del potere che ognuno di noi ha nell'appoggiare più o meno esplicitamente il "sistema": spesso lo critichiamo solo a parole, o con manifestazioni che rischiano di essere superficiali. Molti affermano di essere pronti a fare di tutto, ma non cambiano comportamenti quotidiani che dipendono proprio da noi!

Chi ci impedisce, in aggiunta alla disdetta del contratto con ENEL, o con altra società nuclearista, di chiedere il rimborso di “oneri nucleari” (e di incentivi che vanno nella massima parte agli inceneritori) che da anni ci vengono "grattati" con la bolletta elettrica?

L'occasione è ghiotta e può consentirci di cogliere due piccioni con una fava: dare una bella botta ai sostenitori dell'imbroglio atomico; rafforzare al contempo una svolta (anche politica) nel nostro modo di produrre e di vivere, tanto più indispensabile di fronte al fallimento dell'economia finanziarizzata e del consumismo ingiusto, sprecone ed antiecologico.

L’Autorità per l’ energia dovrebbe comunque imporre la trasparenza nelle offerte mettendo a punto un sistema di certificazione che garantisca che l’energia che acquistiamo provenga effettivamente da sole, vento, geotermia, maree… (ma il movimento di base dovrebbe in ogni caso costituire un osservatorio tecnico sul sistema energetico che stili rapporti periodici in modo da facilitare scelte informate e ponderate).

Gli obiettori alle spese militari e nucleari rivolgono una pressante sollecitazione alle forze di base, che potrebbero mettersi assieme per rilanciare una mobilitazione antinucleare con modalità articolate, flessibili ed innovative: invitiamo ad integrare in essa istanze ecologiste, pacifiste, consumeriste, sindacali, e delle lotte per la democrazia e la giustizia sociale, interna ed internazionale.

Un appello particolare lo rivogiamo al movimento degli studenti e per la difesa della scuola pubblica: il tema antinucleare e della riconversione energetica può diventare uno dei terreni di impegno al vero sapere, alla vera ricerca, che ha come meta i bisogni autentici degli esseri umani e non finalitá di profitto e di potere.

Che aspettiamo ad aiutare economicamente noi stessi e ad aiutare l'Italia e il mondo verso la sostenibilitá ambientale e condizioni di convivenza pacifica?

 

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